Sassi – Storia

Storia di Sassi

Un viaggio nel passato

Com’era a fine Settecento la nostra borgata? Proveremo a fare una immaginaria passeggiata partendo dal centro di Torino, uscendo dalle mura attraverso Porta Fibellona e percorrendo quella che sarà Contrada di Po, raggiungiamo il ponte sul fiume omonimo. Questo, a fine ‘700, è l’unico a servire la città.
Oltre il fiume vi è Borgata di Po, un agglomerato di case nelle quali ci sono anche fabbriche di vetro, maiolica e sapone frammiste a botteghe di tintori. Giriamo a sinistra in quella che si chiamava Strada di San Mauro (odierno Corso Casale); superato il ponticello sul Tarino, il rio che scende dalla Val San Martino, troviamo la strada che porta ad alcune vigne nella zona dell’attuale Piazza Hermada.
Non si incontrano costruzioni lungo Strada di San Mauro sino alla Madonna del Pilone; solo a fine ‘800 ne sorgerà qualcuna presso la Barriera Daziaria. Attorno al Santuario del Pilone vi sono due case del ‘600 e quattro del ‘700, in gran parte proprietà del Capitolo della Chiesa Metropolitana di San Giovanni. Lo sviluppo della borgata si avrà nel secolo XIX quando sorgeranno alcune “piole” che diverranno conosciute per le merende a base di pesci, bottino dei pescatori locali.
Superata la biforcazione della strada di Chieri che si inerpica lungo la valle di Reaglie, ecco la Strada di Fenestrelle, in salita verso alcune belle vigne. Nell’Ottocento sarà chiamata “stra dij tranta” (strada dei trenta) poichè dal Borgo del Pilone, punto attraversato da diligenze da e per varie destinazioni, partirà un servizio pubblico che la percorrerà al costo, appunto, di trenta soldi.
Tra Madonna del Pilone e Sassi non sboccano valli, ma si estende un pendio relativamente ripido, che domina l’ansa del Po in corrispondenza della confluenza della Dora. La posizione era strategica, perchè controllava il traghetto sul Po (dove si trova l’attuale ponte di Sassi), la strada lungo il fiume, il bosco del Meisino, l’imbocco delle valli di Mongreno e di Reaglie e quindi gli accessi a Chieri.
Non si stupisce pertanto che sin dal medioevo qui si trovasse un castrum, appartenente alla famiglia Necchi, che godeva anche dei diritti di pesca e di navigazione sul Po in questo tratto. Dell’edificio antico non è riconoscibile nulla, ma certamente coincide con l’odierna vigna il Castelmagno o villa d’Agliè (in Strada alla villa d’Agliè). Poco più in basso, si trova la vigna la Margherita, detta anche il Cavajà. Sullo stesso poggio si trova la vigna il Brambilla o Durando.
In Strada del Bellardo si trova la Mensa Arcivescovile, la vigna del Vescovo, dimora collinare voluta da Mons. Lucerna Rorengo di Rorà.
Percorso un breve tratto di Strada di San Mauro, eccoci a Sassi, feudo eletto in contado nel 1737; apprendiamo che esiste un conte di Sassi che si chiama Vittorio Amedeo Platzaert.
Nel 1790 i confini sono: a sud la Strada di Val Piana, a ovest il Po, a nord il rio Costa Parisio e ad est i tetti Lencia. Sassi rimane staccata nettamente da Torino. Anche quando verranno istituite le barriere daziarie, sarà per molto tempo “fora dla cinta del dasi” (fuori della cinta del dazio), come allora si diceva. Il vallo che costituirà la cinta avrà verso la nostra borgata le barriere, cioè i punti di pedaggio per le merci, di Po (in Piazza Borromini) e di Vanchiglia (in Corso Tortona angolo Corso Belgio), ma quest’ultima non avrà collegamenti attraverso il fiume fino al 1880, quando sarà costruito il ponte di Corso Regina. La sinistra orografica del Po non avrà costruzioni sino a fine ‘800, quando sorgerà Vanchiglietta, il “borg del fum” (borgo del fumo), ma alcune grandi cascine coltivano le sue terre.
Nell’attuale Via Mirabello troviamo la prebenda del Vicario Trucchi, Parroco di S. Giovanni. Accanto ad essa parte una strada carrozzabile, cosa quasi unica per i tempi, che sale alla vigna con cappella del mercante Chinet; questa villa è conosciuta come “bric del gat”, forse per l’erto sentiero che la raggiunge in alternativa alla strada.
Un tempo la strada di Mongreno, accompagnata dal rivo omonimo, sbucava sulla strada di San Mauro in quello che era chiamato piazzale di Barra (oggi Largo Casale); qui, infatti, la strada di San Mauro scavalcava il ruscello per mezzo del ponte detto di Barra.
Sulla mappa del 1897 cominciano a vedersi due case all’angolo con Strada di Mongreno, alcune costruzioni sulla sinistra dopo ponte Barra e, nuovamente a destra, la stazione della funicolare e la Casa Salesiana, poi alcune case con la dicitura Tetti Rosa.
La parte piana e centrale di Sassi (dove oggi sorge la Chiesa parrocchiale) è occupata, a fine ‘700, dalla cascina del conte Melina di Capriglio; in seguito sorgerà una fornace che fornirà un po’ di lavoro agli abitanti della zona.
Proviamo ora a salire per la strada Reale di Superga. Essa viveva ogni anno, nel giorno della natività della Vergine, un momento importante. I Re Sabaudi, per ricordare la liberazione di Torino dall’assedio francese (1706), salivano al tempio di Superga con numeroso seguito di torinesi. Secondo il costume del tempo, avveniva una grande festa popolare con dovizia di “ribote e marende”. Sulla sinistra la prebenda del canonico Giorgio Roffredo di Saorgio e, imboccata la stradina che porta al poggio su cui è adagiata la chiesa parrocchiale, troviamo la splendida villa del marchese Del Carretto. Più avanti in strada Superga, incontriamo il viale che porta alla villa con cappella del marchese Della Chiesa di Roddi (Villa Sassi).
In strada Cartman si trova il Capriglio, vigna e villa del conte Alessio Melina di Capriglio.
Abbiamo concluso il nostro viaggio nel tempo passato e facciamo alcune considerazioni.
La strada di Superga era la zona dei nobili, mentre le valli di Mongreno e del Cartman, meno felici come esposizione, erano in mano a funzionari dello stato. La parte piana, più accessibile sebbene meno imponente, era la zona delle prebende, con costruzioni in generale più dimesse.

Ristorante “La Pergola” Corso Casale 311 (Sassi) il Tram 17 si ferma di fronte.
Locale estivo e invernale dove si dà convegno la migliore società. Trattenimenti danzanti tutte le sere dalle 21 alle 24 con grande orchestra. Servizio di ristorante a tutte le ore.

Le vigne

Il terreno della collina di Torino si prestava alla coltura e, in netto contrasto con la pianura, c’era abbondanza di insediamenti umani già nell’antichità e nell’alto medioevo. Nel XIII secolo c’erano abitati accentrati, provvisti di sommarie difese e di propri edifici religiosi. Tra questi, i documenti citano Monasterolium (Mongreno) e vicus Saxiarum (villaggio dei Sassi). Nel Quattrocento si verificò un grande incremento della coltura vinicola, che fu sostanzialmente concentrata in collina, la quale si caratterizzò come “vigna di Torino”.
A partire dal Cinquecento, andarono insediandosi le vigne, cioè proprietà di famiglie cittadine, utilizzate sia come luoghi di villeggiatura sia come aziende agricole specializzate nella viticoltura.
Le vigne cambiavano spesso di proprietario, rispecchiando le diverse fortune delle famiglie cittadine; ricchi borghesi, divenuti aristocratici con l’acquisto di titoli feudali, si costruivano, o acquisivano, un palazzo in città e una vigna. Insomma, avere una villa in collina era nei secoli passati uno status symbol: fare il censimento dei proprietari delle vigne equivale in qualche modo a verificare chi fossero le persone che più contavano a Torino. Tra loro si trovano nobili di antico casato e imprenditori serici, ministri, ma anche panettieri.
Le vigne sono complessi di edifici, composti di civile (residenza estiva dei proprietari), rustico (abitazione permanente del vignaiolo) e cappella (spesso costruita per ragioni di prestigio, prospettante sulla pubblica via). Nonostante il valore economico e simbolico, esse erano concepite come dimore di campagna; si tratta di edifici piuttosto semplici, raramente di elevato valore artistico e opera di famosi architetti; tutti diversi, ma uniformi nella loro varietà. Tutte hanno subito trasformazioni edilizie nei secoli, specie nel Settecento e nell’Ottocento.
L’ingresso dalla pubblica via era costituito da un portale ad arco o da una coppia di piloni senza cancello; la facciata era di preferenza rivolta a sud; di fronte o di lato, tutte le vigne s’affacciavano su un’area livellata, spesso terrazzata e retta da muri di sostegno, detta “artefatto piano”: questa spesso si spingeva verso ovest, a godere della vista della città e delle Alpi. Questo giardino non aveva funzione agricola ma di piacere; a seconda delle mode, ebbe sistemazione all’italiana con siepi di bosso, fontane, statue; all’inglese, con prati e alberi di grandi dimensioni, tra cui i cedri del Libano; o di gusto ottocentesco, con essenze esotiche e serre. Oltre alle specie decorative non si trascuravano quelle utili: si coltivavano i murè (gelsi) per la produzione casalinga dei bachi da seta ed i documenti elencano con vanto i vasi di citroni (limoni) e non mancava mai la tòpia (pergolato) di vite da tavola.

Le società dei tramways

 Foto:fermata tranvia a Borgata Rosa

La costruzione delle linee tranviarie a Torino risale al 1871, quando il Comune concede all’ingegner Saverio Avenati la costruzione e gestione di una linea tranviaria con trazione a cavallo su rotaia; il percorso di soli 3,3 km. congiungeva piazza Castello con la barriera di Nizza, un trasporto da intendersi di tipo turistico, utile soprattutto per chi arrivava in città in treno scendendo dalla nuova stazione di Porta Nuova (1868) e desiderava recarsi nel centro città o nel nascente borgo di S. Salvario.
Sperimentato il servizio, ben presto la città concede ad altri due gestori, la Società Generale dei Tramways di Bruxelles detta “Belga” e la Società Anonima Torinese dei Tramways e Ferrovie Economiche detta “Torinese” la costruzione di nuove linee.

La Società “Belga”, che già era concessionaria di una linea tranviaria a cavalli da Torino (piazza Castello) al Ponte Barra, otteneva nel 1880 l’autorizzazione governativa per prolungare la linea fino a Gassino e per esercitare l’intero percorso da Torino a Gassino con locomotive a vapore.
La linea a vapore fu completata nel 1883 fino a Castagneto Po e Brusasco con la diramazione Castagneto Chivasso. Nel 1908 venne inaugurata l’elettrificazione del tratto Torino-Castagneto-Chivasso.
Dall’entrata in funzione di questa linea trassero immediati vantaggi i paesi attraversati, disposti lungo la strada nazionale Torino-Casale tra la riva destra del Po e la collina. I convogli, partendo da piazza Castello, percorrrevano il Corso Casale fin dal suo inizio in piazza Gran Madre di Dio, che raggiungevano dopo aver attraversato il ponte Vittorio Emanuele I.

Nel dopoguerra la linea risentì notevolmente della carente manutenzione del periodo bellico, mentre si manifestava sempre di più la necessità di soddisfare le maggiori esigenze di velocità e di frequenze di corse, si rese pertanto inevitabile lo smantellamento della tranvia elettrica e la sostituzione con il servizio automobilistico avvenuto il 1° giugno 1949.

La società calcistica “Tarcisia Sassi”

Promotore il parroco Don Vota con la collaborazione del panettiere Saracco, nel 1946 prese vita la società “Tarcisia Sassi”. La società “Tarcisia” deve il suo nome così insolito al santo patrono dei giovani dell’Azione Cattolica della parrocchia di Sassi, il martire Tarcisio.
Il primo campo di calcio di questa squadra era situato in strada Superga e fiancheggiava la ferrovia Sassi-Superga; il terreno da gioco fu bonificato e spianato dai giovani dell’oratorio con forza di braccia, pale, badili e carriole; purtroppo mantenne sempre un difetto: seguiva l’andamento della collina, era leggermente in discesa.

Pian piano la società acquistò importanza, dopo i primi tornei parrocchiali si iscrisse al C.S.I. e, causa l’irregolarità del campo da gioco, si trasferì al campo sportivo vicino alla “curva del dassi“, in piazza Coriolano, ove trova posto ancora oggi.
Il piccolo campo di strada Superga è stato definitivamente smantellato nel 2000 in occasione della sistemazione della stazione e della tranvia del trenino Sassi-Superga.
Negli anni il “Tarcisia” raggiunse una notevole notorietà nel settore dilettantistico e perse la fama di squadra parrocchiale.

Le notizie e le immagini riguardanti “Le società dei tramways” e “La società Tarcisia Sassi” sono tratte dal libro “Borgata Rosa – Frammenti di storia e vita vissuta in borgata” del Sig. Giovanni Roggero. Chi è interessato ad approfondire l’argomento, può contattare direttamente il Sig. Roggero al seguente indirizzo: giorogg@yahoo.it